Ronnie Peterson e Gunnar Nilsson: i supersvedesi

A cura di Dino Silenzi

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    “Per mantenere il mio equilibrio mi occorre andar forte. Mi è necessario portare sempre la vettura al limite. Se rallento appena un poco comincio a commettere alcuni errori, quindi sono in una situazione migliore quando spingo a fondo".
    Ronnie Peterson

    “Forse sono un po’ diverso dagli altri. Certo non è che non mi piacciano le belle ragazze, lo champagne e le avventure folli. Però mi trovo bene soprattutto a casa mia, con i miei dischi la mia fidanzata Kristine ed i miei libri. E mi piace, soprattutto, poter stare vicino a mia madre”.
    Gunnar Nilsson


    La Formula 1 conosce alcune figure di piloti sfortunati, e forse anche per questo maggiormente amati, considerati tra i più grandi e veloci, pur non avendo mai vinto il titolo mondiale.
    Oggi ricordiamo due di loro, tra i più veloci e spettacolari, e la storia della loro amicizia: gli svedesi Ronnie Peterson e Gunnar Nilsson.
    Ronnie nasce il 14 febbraio del 1944 ad Örebro in una famiglia in cui la passione per auto e motori scorre nel sangue. Il padre Bengt corre con ice- e dirt-track, ma soprattutto modifica e costruisce auto da corsa.
    Bengt realizza per Ronnie e suo fratello Tommi una box car e, nel 1952, un ibrido tra un minikart e un trattore con cui i bambini cominciano a fare esperienza.



    Ronnie ha difficoltà di concentrazione a scuola - è spesso disattento - ma dimostra da subito talento per la guida e i motori e, lasciati gli studi, nel 1960 inizia a lavorare come meccanico.
    Nel 1962 gli viene costruito un vero kart e subito arriva secondo nel campionato svedese Classe D. Peterson è alto e, quindi, anche pesante, ma è comunque velocissimo.
    Vince per tre volte consecutivamente il campionato svedese, arriva terzo nell’europeo a squadre e, nel 1966, vince il campionato europeo Classe A, è terzo nel mondiale e viene premiato come migliore pilota nell’Europeo a squadre.



    Ronnie ha talento, ha grinta ed è veloce. È in questi primi anni che affina l’arte del controsterzo, che caratterizzerà il suo stile di guida, in modo estremamente marcato, anche negli anni a venire.
    È uno stile estremamente spettacolare e, in quegli anni, ancora redditizio, perché le gomme di sezione sempre più larga, le minigonne e i sistemi tesi a realizzare aderenze estreme sono di là dal venire e per comprendere il cambio di prospettiva che genereranno vale la pena di riportare un aneddoto di Clay Regazzoni: “… mi aveva aperto gli occhi l’ingegner Mauro Forghieri, progettista e direttore tecnico della Ferrari quando mi aveva fatto osservare che un giro per rientrare al box dopo le tornate ufficiali, veloce sì, ma non impegnato al massimo, era risultato quasi buono come gli altri. «Non è possibile sono andato pianissimo!» «Guarda il cronometro» Allora avevo cominciato a riflettere e a capire che avrei dovuto limitarmi.”.
    Peterson correrà in anni in cui le sbandate non si pagano ancora in decimi di secondo e in cui il limite non è tanto quello della macchina, quanto quello delle possibilità del pilota.






    Spazzolate



    Video



    Nel 1966 quindi, grazie agli ottimi risultati ottenuti, è chiaramente pronto per il primo salto. Debutta in Formula 3 con un auto costruita dal padre e, poi, con una Brabham acquistata.
    Ha discreti risultati che, ad occhi attenti, lasciano trasparire una classe superiore e che gli valgono l’attenzione della Tecno, che lo mette sotto contratto.
    La storia meravigliosamente emiliana della scuderia dei fratelli Luciano e Gianfranco Pederzoni meriterà un racconto a parte e qui ci limiteremo a dire che la Tecno F3 del 1967 è una vettura originalissima che, accolta dallo scetticismo generale, sbaraglia la concorrenza e vince i campionati europei ‘67, ‘68 e ‘69 e 9 campionati nazionali, con circa 300 gare vinte.
    Peterson è parte consistente di questi successi perché il suo stile di guida controsterzante si sposa perfettamente con le qualità telaistiche della Tecno. Nel 1968 vince il titolo nazionale svedese e il campionato europeo di Formula 3, bissa quindi quest’ultimo l’anno successivo vincendo 15 volte su 19 gare e debutta in Formula 2.




    Monaco 1969




    Monza 1969



    Notato, infatti, da Mosley durante la gara di Montecarlo viene subito preso per correre con la March la stagione seguente.
    Arriva il debutto in Formula 1 al GP di Montecarlo del 1970 in una March 701 privata. Budget e possibilità di test sono limitati, ma Peterson ottiene un ottimo settimo posto ed è il solo pilota su March a giungere al traguardo.


    Monaco 1970



    Come è ancora usuale per quei tempi, contemporaneamente continua a correre anche in Formula 2 e partecipa ad alcune gare di endurance, dove, per la prima volta, la sua traiettoria si incrocia con quella della Ferrari: corre, infatti, alla 24H di Le Mans con la 512 S, dove però è costretto al ritiro.



    Il 1971 è l’anno della definitiva esplosione, sempre su una March ma a questo punto ufficiale, con quattro secondi posti e un terzo posto è vicecampione del mondo di F1 dietro Jackie Stewart, è campione europeo di F2 e vince, con De Adamich, la 6H di Watkins Glen sull’Alfa Romeo T33-3.


    GP di Francia 1971



    Dopo un 1972 sostanzialmente deludente in F1 (ma nel quale contribuisce alla vittoria della Ferrari 312 PB nel Mondiale Marche Sports Car con i due primi posti alla 1000 Km del Nürbugring e poi Buenos Aires), nel 1973 firma per la Lotus di Colin Chapman per fare coppia con il campione del mondo Emerson Fittipaldi.


    GP di Spagna 1973




    Nürburgring 1973



    Dimostra il suo valore e arriva la prima vittoria nel mondiale al Paul Ricard. La Lotus 72D non è affidabilissima, ma è comunque una vettura veloce e dopo una serie di podi, diversi ritiri, ma anche molte pole, nel finale arrivano anche le vittorie in Austria, Monza (dove avviene la storia del cartello che avrebbe dovuto comunicare allo svedese l’ordine di scuderia di lasciare la posizione al compagno, con il cartello concordato che non compare e Peterson che vince rintuzzando alla grande gli attacchi del brasiliano) e Stati Uniti. Il risultato finale è terzo posto nel mondiale piloti con 52 punti, dietro a Fittipaldi, che invece ha avuto un inizio brillante ed è crollato nel finale, e Lotus vincitrice del campionato costruttori.

    Video



    Nel 1974 Peterson ha come compagno Jacky Ickx e Chapman ha costruito una vettura rivoluzionaria, con soluzioni originali sotto ogni profilo, sia aerodinamico che meccanico. In particolare viene sviluppato un alettone posteriore a biplano e un sistema elettronico per la frizione, che di fatto costituisce il precursore degli odierni cambi semiautomatici.





    Tuttavia, come talvolta accade ai progetti estremi, la Lotus 76 ha numerosi problemi e viene progressivamente abbandonata nel corso della stagione. Schierando la vecchia 72D Peterson vince a Montecarlo, nel GP di Francia e, di nuovo, a Monza, terminando il campionato in quinta posizione.
    La costosa scommessa della “76” viene, però, pagata l’anno successivo, quando Peterson e Ickx, causa le difficoltà economiche del team, si ritrovano a guidare ancora la vecchia 72D che, a questo punto, mostra tutti i suoi limiti di anzianità. Il campionato del 1975, di conseguenza, è un disastro in cui Peterson va a punti solo tre volte racimolandone appena 13 e terminando settimo nella classifica piloti.
    Firma un precontratto con la Shadow, ma Chapman lo convince a rimanere alla Lotus promettendogli di velocizzare lo sviluppo del nuovo modello “77”. La stagione comincia male e Peterson, dopo la prima corsa, passa alla March.





    Vincerà il GP di Monza, che è quello del ritorno di Lauda dopo l’incidente del Ring, dopo soli 42 giorni, e in cui viene introdotta la prima variante per come oggi la intendiamo. È la sua terza volta e vince sotto la pioggia - partito dalla quinta fila - davanti a un Regazzoni al suo ultimo anno in Ferrari. Ormai è un idolo anche per molti tifosi italiani.



    Nel 1977 cerca una sistemazione migliore e corre per la Tyrrell, guidando la P34B a sei ruote, ma si rivela un altro anno difficile e deve accontentarsi di un terzo posto a Spa e di piazzamenti a punti in Austria e in Italia.



    Arriva, quindi, il 1978.
    Da quando se ne è andato Peterson, alla Lotus c’è un altro pilota svedese: Gunnar Nilsson.
    I due sono amici fraterni e Chapman ha ingaggiato Nilsson anche grazie alla mediazione di Ronnie, al momento del suo passaggio alla March nel ‘76.
    Nilsson viene da Helsingborg, dove è nato il 20 novembre del 1948, ed è l’esatto contrario sia dell’immagine dello svedese - è bruno e di statura media - che dello stereotipo del pilota playboy. È nato in una famiglia di ricchi costruttori, è schivo, elegante, colto (parla cinque lingue) e spesso a casa sua sono ospiti scienziati, artisti e scrittori.
    Insomma non ha il profilo di uno che corre per scappare da una vita da impiegato, ma quello che importa è che è veloce, perché la sua passione sono le corse ed è, anche lui, un talento puro: inizia a correre a livelli professionali nel 1973, trasferendosi in Inghilterra, e in due anni vince i titoli britannici di Formula 3 e Formula Atlantic. Alla prima gara in Formula 2 arriva quarto su una vettura non ufficiale.



    È un altro svedese volante.
    Il suo primo anno alla Lotus nel 1976, però, è costellato di ritiri, l’auto è pur sempre quella “77” che ha fatto scappare via Peterson, ma Gunnar è un talento e strappa due terzi posti, uno a Jarama e l’altro in Austria, tanto da far dichiarare a Ken Tyrrell che in lui si intravede la stoffa di un futuro campione del mondo.


    Jarama 1976



    L’anno successivo fa coppia con Mario Andretti e corre con l’auto che introduce uno dei più grandi stravolgimenti della Formula 1 moderna: debutta la Lotus F8 e con lei compaiono minigonne ed effetto suolo.
    Nilsson vince il suo primo GP a Zolder, sotto una iniziale pioggia torrenziale e grazie a un sorpasso ai danni di Lauda al 79° giro. L’amico Ronnie è terzo e i due festeggiano quello che a tutt’oggi rimane l’unico doppio podio per la Svezia.

    Video


    Highlights Zolder



    Ottiene anche un quarto posto i Francia e un terzo in Inghilterra e poi arriva una strana serie di sette ritiri consecutivi, uno dopo l’altro.
    Nel corso di un controllo di routine a metà stagione gli è stato diagnosticato un tumore ai testicoli. Non lo ha detto a nessuno, perché il corso della malattia sembra essere sotto controllo, ma le sue prestazioni non possono non risentirne.
    Colin Chapman, all’oscuro di tutto, non lo conferma per il 1978 preferendogli proprio Ronnie Peterson. Nilsson firma per la Shadow e, quindi in seguito a una scissione della scuderia, per la Arrows, ma la debilitazione per un nuovo ciclo di radioterapia cui deve sottoporsi è troppo forte ed è costretto a rescindere il contratto, non si presenta all’esordio in Brasile e rivela pubblicamente il suo stato di salute.
    Nel frattempo Peterson ha dovuto accettare alla Lotus un contratto da seconda guida.
    Mario Andretti è quello che vince, Ronnie deve fare da scudiero e ha campo libero unicamente in caso di problemi tecnici della prima guida.
    La cosa è talmente sfacciata che c’è chi incomincia a pensare, e a scrivere, che gli ordini di scuderia si estendano perfino alle qualifiche.




    Peterson viene messo dietro ad Andretti perfino nelle foto pubblicitarie



    Peterson vince in Sudafrica (sorpasso all’ultimo giro su Depailler) e anche al GP d’Austria, ma in Belgio, Spagna, Francia e Olanda resta secondo dietro il compagno di squadra.
    Lo svedese, però, smorza ogni polemica dichiarando che Andretti è semplicemente più veloce. La verità è che la situazione non gli piace e lo deprime.
    Si arriva a Monza con Peterson che ha già deciso di passare alla McLaren per il ‘79 ed è ormai ai ferri corti con Chapman, anche perché ha scoperto che, a parte gli ordini di scuderia, in qualifica gli vengono montate gomme da gara, la sua auto è più pesante e riceve meno attenzioni da parte dei meccanici.
    Si racconta che poche settimane prima, al rientro del giro di qualifica in Austria che gli ha regalato l’unica pole della stagione nonostante le gomme, abbia salutato Colin con il dito medio alzato.
    Monza è la sua pista, Peterson la ama e ha già vinto tre volte, ma questa comincia male.
    Dopo le qualifiche Andretti è in pole e lui solo quinto. Nelle prove libere della mattina della domenica, forse per un errore dei meccanici nel montaggio dei freni, esce alla seconda variante e distrugge la macchina.
    È costretto a correre con una vecchia “72” perché il muletto della nuova è per la prima guida.
    Si arriva alla partenza del GP ed è subito un inferno. Viene dato il via quando non tutte le monoposto sono posizionate in griglia e, quindi, i piloti delle ultime file scattano con le auto ancora in movimento. Le auto si aprono a ventaglio attaccando e imbottigliandosi verso la chicane.
    Peterson, partito a rilento, si ritrova quindi al centro di una tragica carambola alla prima variante che coinvolge, oltre a lui, altri dieci piloti: Hunt, Patrese, Regazzoni, Brambilla, Daly, Pironi, Stuck, Depailler, Lunger e Reutemann.

    Video



    Sarebbe troppo lungo, a questo punto, ripercorrere la faticosa ricostruzione della dinamica dell’incidente, delle difficoltà dei soccorsi, anche sotto il profilo medico, e tutte le polemiche che ne scaturirono (chi fosse interessato può trovarne un riassunto in alcuni articoli di Autosprint che troverà a questo link https://1drv.ms/f/s!As3xGgwGB-qKZ-TBHDFrHnT-SHc), ma di fatto la monoposto di Peterson si ritrova affiancata da quella di Hunt, che a sua volta, secondo la sua versione, sarebbe stato toccato o comunque stretto da Patrese, che per parte sua nega il contatto e manovre repentine.
    Le vetture di Peterson e di Hunt si toccano e quella di Ronnie sbanda e va ad urtare contro il guard-rail, ritorna in mezzo alla pista e prende subito fuoco. Viene estratto dall’auto dallo stesso Hunt, da Merzario e da i volontari della CEA Squadra Corse.
    Ha le gambe massacrate dalle fratture, ma è cosciente. Sembra più grave Brambilla che è in coma, colpito alla testa da una gomma della Lotus di Peterson.
    Ronnie viene trasportato in Ospedale, al Niguarda, dove si decide di operarlo subito, ma si verificano delle complicazioni - l’intervento dura sette ore - e muore il giorno seguente per una embolia lipidica.
    È l’11 settembre 1978 e la Formula 1 e tutti i tifosi piangono increduli Ronnie Peterson. Aveva 34 anni.
    Al suo funerale nella città natale di Örebro ci sono tanti piloti e Hunt, Fittipaldi, Lauda, Scheckter, Watson e Strandberg trasportano la sua bara.
    Dietro di loro c’è un ragazzo magro: è Nilsson, quasi irriconoscibile e in fase terminale, e sta compiendo uno sforzo immane per essere lì.



    Se ne va anche lui un mese dopo, il 20 ottobre, rifiutando morfina e cure palliative, non prima però di avere scritto una lettera a tutti i suoi amici (tra cui gli Abba, Borg e Stenmark) e a tutti i suoi colleghi, chiedendo loro di aiutarlo con una donazione ai medici che lottano per trovare una cura per il cancro.
    Rispondono tutti e rispondono anche i tifosi: Autosprint raccoglie 170 milioni di lire.
    Nel 1979 la mamma di Gunnar crea la “Gunnar Nilsson Cancer Foundation”, che esiste ancora oggi, e George Harrison, per aiutare a raccogliere fondi per l’associazione, scrive e pubblica il brano “Faster”, dedicandolo all’intero Circus e alla memoria di Ronnie Peterson.

    Video



    Edited by dinosilenzi - 13/8/2019, 12:00
     
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    Spingere... Sempre!!!

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    Bravissimo Dino! hai ripercorso tutta la sua carriera agonistica in maniera perfetta, anche con il materiale Videofotografico! :D :D :D :D
     
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  3. VRC TOTOR90
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    Beh chapeau bravissimo 😊😊😊
     
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    92 minuti di applausi ..capolavoro bravo Dino e grazie x questo bel lavoro che hai fatto !!
     
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  5. Rudy CJ Castronovo Gress
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    nn riesco a mettere la musica di quark........ Voto 10 SUPERLATIVO!!!!! senza parole!!!
     
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    Grazie a tutti ragazzi!
    Ho pensato che era una bella storia da raccontare, triste ma bella, per diversi motivi, ma prima di tutto perché credo ci sia dentro lo spirito che anima questo forum: l'amicizia vera, vissuta tra persone diverse, ma legate fortissimamente dalla passione per la velocità e le auto.
     
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5 replies since 18/2/2018, 00:28   313 views
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