Clemente Biondetti e la Ferrari-Jaguar Special del 1950

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    All'alba della Formula Uno un uomo realizzò qualcosa di unico, per lo meno nei termini in cui fu compiuto, e che nonostante la sua eccezionalità, o forse proprio per essa, resta avvolto largamente nel mistero.
    Quest'uomo costruì da solo una monoposto di Formula 1, mettendo insieme parti delle migliori vetture da gara della Jaguar e della Ferrari ... e, secondo alcuni, anche Maserati, la portò al primo Gran Premio d'Italia di F1 nel 1950 e riuscì perfino a qualificarsi per la gara, sebbene fosse chiaro che la vettura non sarebbe stata in grado di andare lontano.
    Si tratta della Ferrari Jaguar Special costruita da Clemente Biondetti e questa è la loro storia.

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    Clemente Biondetti, nato in Sardegna a Buddusò (SS) il 18 novembre 1898 ma veneto da parte di padre, toscano da parte di madre e considerato fiorentino d'adozione, era uno dei migliori piloti del mondo tra gli anni '30 e '40 e ha vinto la leggendaria Mille Miglia quattro volte, più di chiunque altro nella storia.
    Appassionato di motori fin da giovanissimo giunse tardi alle competizioni, partecipando a venticinque anni alle sue prime corse in sella a delle moto e passando alle quattro ruote solo nel 1927. C'era stata di mezzo, del resto, la Grande Guerra, che Biondetti combattè in Francia come bersagliere e in cui perse un fratello.
    Dopo alcuni successi con la Talbot e con la Bugatti, venne ingaggiato dal team ufficiale Maserati nel 1931 e, in quello stesso anno, ottenne due significativi terzi posti nei GP di Roma e di Francia.
    Seguirono alcuni anni di stallo, nei quali Biondetti, privo di una buona macchina e di un ingaggio decente, ma ottimo meccanico e dotato di risorse economiche familiari (la madre era l'erede di un imprenditore edile fiorentino e i suoi fratelli diventeranno i maggiori costruttori della Versilia) iniziò a realizzare i suoi “ibridi”, assemblando parti di vetture diverse.
    La fama e i successi di Biondetti, però, crebbero notevolmente dopo il suo passaggio all'Alfa Romeo.

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    Biondetti su Alfa Romeo 8C 2900B Touring a Le Mans nel 1938





    Il 1938 vide la sua prima sfortunata partecipazione alla 24h di Le Mans con l'Alfa Romeo 8C 2900B Touring, ma anche la prima vittoria alla Mille Miglia, ottenuta invece al volante di una delle nuove Alfa Romeo 8C 2900B spider a doppio compressore dell'Alfa Corse (in cui c'era anche Enzo Ferrari), con cui stabilì il nuovo record assoluto della gara a oltre 135 km/h di media e che rimase imbattuto per ben quindici anni.

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    Alfa Romeo 8C 2900B Roadster Mille Miglia 1938 presente al Simeone Foundation Automotive Museum di Philadelphia



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    05 - Biondetti su Alfa Romeo 8C 2900B Roadster alla Mille Miglia del 1938







    Purtroppo Biondetti non poté sfruttare appieno la notorietà raggiunta, visto che di lì a poco la Seconda Guerra Mondiale travolse il mondo delle competizioni automobilistiche. Uno degli ultimi successi prima del conflitto mondiale fu quello alla "Coppa Acerbo" (Circuito di Pescara) del 1939, su Alfa Romeo 158.

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    Biondetti oltre che pilota, come detto, fu meccanico impareggiabile e progettista e nella sua avveniristica officina di Pian del Mugnone, durante la guerra, rischiò la vita aiutando i partigiani, cui consegnava le armi di notte mentre di giorno riparava i camion tedeschi.
    Alla fine della guerra, sebbene ormai prossimo ai cinquant'anni, dimostrò di non avere affatto perso lo smalto e si aggiudicò le prime tre edizioni del dopoguerra della Mille Miglia (1947, 1948 e 1949). Leggendaria fu la vittoria del '47, dopo un interminabile duello con la Ferrari del grande Tazio Nuvolari sotto la pioggia battente.

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    Biondetti su Alfa Romeo 8C 2900B Berlinetta Touring alla Mille Miglia del 1947




    L'anno successivo passò alla Ferrari, dando alla Scuderia le sue prime vittorie sia alla Mille Miglia che alla Targa Florio (in quegli anni abbinata al Giro di Sicilia … oltre un migliaio di chilometri!) che Biondetti si aggiudicò nel '48 e nel '49.

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    Biondetti su Ferrari 166 S Coupé Allemano alla Mille Miglia del 1948



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    Biondetti su F 166 C alla Targa Florio del 1948





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    Biondetti su Ferrari 166 MM alla Mille Miglia del 1949 - salita da Parma a Poggio Berceto



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    Biondetti su Ferrari 166 MM sempre alla Mille Miglia del 1949







    Negli anni successivi alla storia che stiamo per raccontare Biondetti corse ancora per la Ferrari (ottenendo un terzo posto al Gran Premio di Monaco del 1952, quell'anno disputatosi eccezionalmente con vetture Sport anziché di Formula, un terzo posto alla Coppa Acerbo dello stesso anno e un quarto posto assoluto alla Mille Miglia del 1954), per la Jaguar (partecipando alla 24h di Le Mans nel 1950 e nel 1951) e per la Lancia nel 1953 (giungendo ottavo alla Mille Miglia e partecipando alla 24h di Le Mans).

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    Biondetti al Gran Premio di Monaco 1952 su Ferrari 166 MM



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    Biondetti su Lancia D20 alla Mille Miglia del 1952



    Si ritirò dalle gare, minato da un tumore che lo aveva aggredito da tempo e di cui sapeva essere malato da circa tre anni, e morì a Firenze il 24 febbraio 1955.
    «Il segreto di Biondetti? - dirà di lui Enzo Ferrari - Dopo ogni vittoria si ritira in un angolo come un francescano perché odia le parole e i commenti. È insomma l'asso più modesto del mondo».

    intermezzo



    Facciamo qualche passo indietro ...
    Le splendide vittorie alla Mille Miglia e alla Targa Florio valsero a Biondetti un abboccamento al Salone Internazionale di Ginevra del 1950 con Lofty England, della Jaguar, intenzionato ad offrirgli una guida per la stagione sportiva su una XK120.
    Si trattava di modelli nuovi e i dirigenti della casa britannica erano desiderosi di guadagnare dall’esperienza sul campo dati utili per la messa in produzione. Avevano bisogno di un buon stradista e Biondetti poteva essere l’uomo giusto al momento giusto, tanto più che era nota nell’ambiente la sua crescente insofferenza verso le scuderie italiane che, nonostante le vittorie, continuavano a considerarlo un pilota di secondo piano.

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    Non fu, dunque, difficile convincerlo a partecipare alla Targa Florio del 2 aprile 1950 con una delle nuove XK120 ufficiali, unico non britannico. Fu un’ottima gara, anche se sfortunata: Biondetti era secondo, con due minuti su Bracco, tre su Marzotto e quattro su Villoresi (davanti a sé soltanto uno scatenato Alberto Ascari) quando la rottura di una biella lo costrinse al ritiro. Tutto sommato, per essere la prima gara, ne furono tutti soddisfatti, a maggior ragione Biondetti che fece sapere alla Jaguar di essere interessato sia a guidare una loro macchina a Le Mans e a Spa, sia a ricevere un motore da montare su un telaio Maserati, per realizzare una delle sue Special.

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    Biondetti su Jaguar XK120 alla Targa Florio del 1950





    Prima di Le Mans e di Spa vi era la Mille Miglia, a cui si iscrissero quattro Jaguar XK, una affidata a Biondetti. Questi, dopo una serie infinita di guasti e disguidi che avrebbero scoraggiato chiunque, ma non lui, il “never-say-die driver”, come fu definito dai dirigenti della Jaguar, resistette a tutto (persino alla rottura di una sospensione) e si classificò ottavo.

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    Biondetti su Jaguar XK120 alla Mille Miglia del 1950



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    Biondetti su Jaguar XK120 alla 24h di Le Mans nel 1951



    “Mi è spiaciuto molto non aver vinto come mi immaginavo, conoscendo i punti di forza e di debolezza degli altri piloti come li conosco io. Se non fosse stato per quella sospensione e il costante battito in testa, e cambiando una sola gomma…sono sicuro che avrei perso meno tempo della differenza finale tra il tempo del vincitore e il mio. Volevo ritirarmi a un certo punto ma non l’ho fatto per non danneggiare il nome della Jaguar…” scrisse alla casa britannica il giorno dopo la gara. Questo però non gli impedì di rivolgersi nuovamente a loro per ottenere una vettura da modificare, il suo solito chiodo fisso.
    La Jaguar a questo punto accettò, pare anche per sdebitarsi delle vetture che il pilota, nel frattempo, era riuscito a piazzare in giro per l’Italia, ma si limitò a concedergli motore e cambio probabilmente della vettura con cui aveva corso in Sicilia.
    A Biondetti poteva bastare.
    Di qui in poi la trama diviene oscura. Uno dei pochi fatti indiscussi è che Biondetti prende le parti meccaniche della Jaguar, le monta all'interno di un corpo Ferrari e porta la vettura a Monza per la sua prima ed unica gara di F1. Secondo alcuni accoppia il motore (3.400 cc, 6 cilindri in linea) e cambio della Jaguar XK120 a una Ferrari 166, mentre altri dicono che, in più, il telaio sarebbe stato di una Maserati, opportunamente modificato.

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    Il motore Jaguar della Special a Monza 1950



    Una delle ipotesi più logiche e credibili è, però, che Biondetti si sia costruito da solo il telaio, per poi usare parti meccaniche della Jaguar. Questo sul presupposto – tuttavia non storicamente accertato – che l'auto da cui proveniva il corpo fosse in realtà la Ferrari 166 MM con il numero di chassis 02C, a detta di molti la prima Ferrari mai venduta in assoluto, che solo pochi mesi prima sarebbe stata convertita in auto da strada sostituendo l'intero corpo auto, appunto acquistato dal driver-progettista-meccanico.
    Il risultato, purtroppo, non fu eclatante: Biondetti si qualificò, ma 25° a oltre 32” dalla pole di Fangio su Alfa e in gara, dopo 15 giri non velocissimi, fu costretto al ritiro.

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    Biondetti sulla sua Speciale con il n°22 al GP d'Italia 1950



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    La Special di Biondetti in una delle gare su strada cui partecipò dopo Monza



    Molto di quanto riguarda questa vettura, che peraltro ha partecipato alla rievocazione delle Mille Miglia 15 anni fa, resta dunque un mistero.

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    Esistono però dei dati di fatto incontrovertibili: non si può negare che nel 1950 un uomo con una Ferrari da formula uno costruita in casa e motorizzata Jaguar si sia qualificato per la primissima gara di Formula 1 disputata in Italia.
    Nessuno inoltre può mettere in dubbio che questo pilota, vincente come pochi, abbia affrontato la vita come le corse, ovvero mai pensando di rinunciare anche quando era chiaro che non avrebbe potuto vincere. Per raccontarne un'altra: a Le Mans, nel 1938, è primo con quattordici giri sui secondi quando l'Alfa sua e di Sommer si ferma. La spingono per quattro chilometri sperando, vanamente, di arrivare ai box, riparare il guasto e poi ripartire.
    È un fatto infine che a questo grandissimo pilota, forse non ricordato a sufficienza, siano state giustamente intitolate le curve 13 e 14 dell'Autodromo Internazionale del Mugello, chiamate appunto Biondetti 1 e Biondetti 2.

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    Edited by dinosilenzi - 13/8/2019, 15:30
     
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