Il giro più veloce

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    Qual è il giro di pista più veloce in termini di velocità media (escludendo gli ovali, che da molto tempo non appartengono più all'interpretazione europea del motorsport)?
    La risposta, naturalmente, è Kimi-Matias Räikkönen a Monza su Ferrari SF-71H con 263,587 km/h di media, nello strepitoso giro che gli è valso la pole position nelle qualifiche del GP d'Italia 2018 il 1° settembre dello scorso anno.
    Peraltro per la Fia questo è un record che non esiste, venendo omologati ufficialmente come record soltanto i tempi e le velocità medie sul giro ottenute in corsa e non quelli in qualifica o nelle prove libere.
    Il motivo? Non è dato sapere. Noi però, che alle balzane regole di questa federazione abbiamo fatto ormai il callo, sappiamo che quella velocità media è la più alta di sempre e tanto basta.
    Ma chi era il detentore del nostro record prima dell'Uomo di ghiaccio?
    Se considerassimo la sola F1 la risposta sarebbe Juan Pablo Montoya al GP d'Italia del 2004. Con i quasi 1000 cavalli del V10 BMW, Montoya a bordo della sua Williams FW26 ha girato a Monza nella sessione di prove libere del 9 settembre con una velocità media di 262,220 km/h.
    Non è vero, però, in termini assoluti.
    Il 6/5/1973, infatti, Jacky Ickx realizzò una pole con una velocità media di 263,415 km/h. Quello era il vero record, per superare il quale sono stati necessari più di 45 anni!
    Cosa ancora più sensazionale è che Ickx non era a Monza, ma in uno dei circuiti più terrificanti e difficili di sempre, ovvero il vecchio tracciato di Spa Francorchamps ed era alla guida di una Ferrari 312PB nelle qualifiche della 1000 Km.

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    La Ferrari 312PB (nome ufficiale 312P, la B serve per distinguerla da un modello dal nome identico presentato nel 1969) venne creata all’inizio degli anni ’70 per partecipare al Mondiale Sport-prototipi ed è l'ultimo prototipo schierato ufficialmente dalla casa di Maranello nel Mondiale Marche. Appartenente alla categoria Gruppo 6 (limite di cilindrata fissato a tre litri) e realizzata in 13 esemplari, in effetti non era altro che una F1 – più precisamente la 312 B del 1970 – a ruote coperte, rivestita da una carrozzeria in poliestere e vetroresina.

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    Veloce e agilissima nelle curve (merito delle dimensioni esterne contenute, del peso limitato a 650 kg e del passo corto), condivideva con la monoposto del Cavallino il telaio (tubolare rinforzato da pannelli in alluminio), le sospensioni, il retrotreno e il motore: il leggendario propulsore 3.0 a 12 cilindri “piatto” da 460 CV con 1.400 giri in meno (10.800 anziché 12.200, scelta adottata per incrementare l’affidabilità nelle corse di durata) montato in posizione centrale longitudinale e abbinato ad un cambio a cinque marce.
    La Ferrari 312PB poteva raggiungere una velocità massima di 320 km/h e vantava un’eccellente distribuzione dei pesi: merito dei quattro serbatoi di carburante (due ai lati del pilota e due sotto il sedile).
    L'auto utilizzata a Spa, inoltre, aveva una resistenza aerodinamica molto bassa, perché la Scuderia aveva scelto di utilizzare la medesima configurazione a basso carico aerodinamico utilizzata a Monza e Le Mans, con una coda più lunga per aiutare la stabilità ad alta velocità.

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    È appena il caso di sottolineare che si trattava di una vettura in cui erano praticamente assenti tutte le moderne forme di protezione del pilota (oltre al già accennato posizionamento dei serbatoi, sarebbe sufficiente considerare che le gambe erano completamente esposte e posizionate avanti all'asse anteriore).
    Considerato che le specifiche della vettura, seppure notevoli, non sono nemmeno lontanamente paragonabili a quelle di una moderna monoposto di F1, quella mostruosa velocità media dimostra, essenzialmente, quanto fosse estremo il vecchio circuito di Spa.
    Il tracciato belga iniziò la sua attivita già nei primi anni ’20 e venne ricavato unendo le tre strade statali che collegavano le cittadine di Malmedy, Stavelot e Francorchamps, risultandone un percorso di forma triangolare.
    Alla fine degli anni '30 il tracciato subì le prime modifiche, tra le quali il taglio della sezione dell’Ancienne Douane per far posto a una velocissima e ripida sinistra-destra in salita che sarebbe diventata una delle curve più famose dell’automobilismo mondiale, l’Eau Rouge (dal nome del fiume che scorre nelle vicinanze), seguita dalla veloce piega a sinistra del Raidillon.

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    Con poco più di 14 km di lunghezza, il lungo circuito aveva solo una curva lenta, il tornante di La Source, e tutta una serie di curve (oltre ad Eau Rouge e Raidillon, comunque diverse rispetto alla loro attuale conformazione, la vecchia Stavelot, la vecchia Malmedy, Blanchimont) che costituivano delle vere e proprie sfide da affrontare a ogni giro a velocità pazzesche. Un minimo errore, un cedimento meccanico e le conseguenze sarebbero potute essere fatali.
    La peggiore, probabilmente, era il Masta Kink: un tremendo sinistra-destra ad alta velocità alla fine del lungo rettilineo dopo Malmedy, dove Ickx e i suoi avversari in gara arrivavano a 290 km/h e dal quale era necessario uscire alla massima velocità per un'altra lunga corsa verso Stavelot.
    In sintesi un circuito nel quale la massima velocità dei rettilinei era interrotta sostanzialmente solo da curve veloci e ampie, nessuna delle quali piatta, tutte senza barriere e dove, come ricordato da Jackie Oliver (vincitore della 24 Ore di Le Mans 1969 con Ickx e cofondatore del team Arrows) “Se uscivi fuori strada, non sapevi cosa avresti potuto colpire”.
    Il video qui sotto mostra il layout del circuito in una gara GT nel 1962. Nel 1973 erano stati aggiunti i guardrail, ma il circuito era praticamente lo stesso.



    Lodevole anche la versione digitale della pista presente in Project Cars 2, riprodotta utilizzando una notevole quantità di immagini e di dati dell'epoca, che consente di apprezzare virtualmente una delle sfide più grandi nella storia del motorsport e, in fondo, uno dei motivi catalizzatori per la nascita del primo movimento per la sicurezza tra i piloti.



    Già nel 1939, quando il pilota britannico Dick Seaman rimase ucciso a bordo della sua Mercedes, erano stati sollevati i primi dubbi sulla sicurezza del circuito e in realtà, in quel 1973, i giorni della vecchia Spa erano ormai contati. La Formula 1 aveva smesso di gareggiare lì dal 1970, principalmente a causa della prima battaglia per la sicurezza da parte del sindacato piloti guidato da Jackie Stewart.
    Lo scozzese era rimasto colpito da quanto accadutogli nel GP del 1966, nel quale praticamente metà dei partenti non era riuscita ad arrivare alla fine del primo giro.
    Stewart uscì alla Masta, la sua BRM tranciò un palo del telegrafo e travolse un recinto, distrusse la baracca di un taglialegna e poi si fermò in mezzo a un campo. Lui, miracolosamente solo con una spalla rotta e delle costole incrinate, rimase quasi per mezz'ora intrappolato perché non c’erano commissari di gara o personale per estrarlo dalla macchina e venne, quindi, liberato da Graham Hill e Bob Boburant grazie al kit di attrezzi di uno spettatore. Al centro di primo soccorso gli infermieri lo abbandonarono su una barella in mezzo ai mozziconi di sigaretta in attesa dell’ambulanza che poi, una volta caricatolo, si perse nelle campagne mentre lo trasportava all'ospedale di Liegi.
    "Dopo Spa" disse Stewart "ho capito quanto tutto questo fosse pericoloso. È stato allora che ho deciso di fare qualcosa per rendere lo sport più sicuro". Fu l'inizio del cambiamento.
    Le gare della Sportprototipi continuavano, ma venivano boicottate dai piloti che erano membri della Grand Prix Drivers Association (va rammentato che a quei tempi i piloti di F1 spesso gareggiavano anche con i prototipi sportivi). In quegli anni, comunque, le morti sul circuito erano purtroppo rimaste comuni. Tre piloti rimasero uccisi alla 24H del 1973 e un commissario di pista morì in quella dell'anno precedente.
    I piloti, anche i migliori e anche quelli che ci avevano vinto ripetutamente, non amavano la vecchia Spa. Lo stesso Jim Clark, che vinse lì per quattro anni consecutivi tra il 1962 e il 1965, pare la detestasse. La verità è che, perfino in anni in cui la soglia di accettazione del rischio era parecchio alta, era chiaro che quel posto, dove nulla poteva impedire ai piloti di finire scaraventati fuori strada in mezzo al filo spinato, i pali, le case, i fossati … quel posto era diventato – o forse era sempre stato – semplicemente troppo: troppo veloce e troppo pericoloso.
    Tornando a quella 1000 Km, nonostante lo sforzo da record, dei problemi meccanici impedirono a Ickx, che correva in coppia con Brian Redman, di vincere la gara: un guasto al cambio li costrinse al ritiro. La gara, quindi, fu vinta da Derek Bell e Mike 'The Bike' Hailwood a bordo di una Gulf Mirage M6.

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    La gara tornò nuovamente a Spa anche nel 1974 e nel 1975, ma a quel punto era stata aggiunta una chicane che riduceva la velocità e aggiungeva circa 10 secondi ai tempi complessivi. Successivamente, solo bici e auto da turismo avrebbero gareggiato nella vecchia Spa, prima che fosse definitivamente chiusa nel 1978.
    Il rombo di quel 12 cilindri con cui venne realizzato quel formidabile record (e con cui la Ferrari vinse il Mondiale Marche nel 1972) continua però, talvolta, a risuonare nei boschi delle Ardenne.



    Edited by dinosilenzi - 15/4/2019, 15:13
     
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